Steven Spielberg by Andrea Minuz
autore:Andrea Minuz [Minuz, Andrea]
La lingua: ita
Format: epub
ISBN: 9788829703067
editore: Marsilio
pubblicato: 2019-10-16T22:00:00+00:00
Come ha sottolineato Leon Wieseltier, Schindler’s List «prova ancora una volta che, per Spielberg, c’è una forza nel mondo che è più grande del bene e più grande del male, questa forza è rappresentata dal cinema. E lui non è del tutto solo in questa “teodicea cinematografica”»21.
SPIELBERG E LANZMANN
Sono stati prodotti centinaia di documentari sul fascismo e l’Olocausto, nessuno dei quali, date le inequivocabili posizioni, ha provocato reazioni come quelle seguite alla distribuzione di Holocaust o causato dibattiti come Schindler’s List. Questo ci ricorda la portata dell’“inconscio politico” di un’opera popolare, che per definizione eccede il controllo dell’autore e diviene un fatto storico-culturale anche grazie a questo eccesso.
Qualsiasi cosa si possa pensare sia di Schindler’s List che di Shoah, il trattamento del soggetto che entrambi i film offrono allo spettatore da una parte è determinato dai rispettivi generi di riferimento (il racconto hollywoodiano e il documentario) e dall’altra è legato al fatto che nei due casi si lavora con mezzi dichiaratamente differenti, sul confine di ciò che ho chiamato il loro essere “unito” e “frantumato”. Queste posizioni, tuttavia, sono in netto contrasto con i loro risultati economici e di conseguenza con il posto che occupano nella sfera pubblica. Laddove Shoah, sebbene distribuito in molti paesi, si è dovuto confrontare con piccole emittenti televisive e festival di cinema d’autore, Schindler’s List è stato uno dei maggiori successi internazionali di Hollywood nella stagione 1993-1994. Questa differenza di fruizione del pubblico significa che, in assenza di una parità di condizioni, non possono essere semplicemente comparate in quanto opere, ma competono tra di loro nel contesto discorsivo della costruzione della memoria europea e americana della Shoah, contesto che il film di Spielberg ha sollevato in modo specifico. Sia Lanzmann che Spielberg usufruiscono dell’interesse mediatico alimentato da Schindler’s List per costruirsi le loro rispettive posizioni. E mentre Lanzmann ha volontariamente commentato il film di Spielberg all’interno di articoli e durante talk-show, Spielberg non ha preso posizione nei confronti di Shoah ma si è limitato a rilasciare interviste e dichiarazioni sul suo film. Con un tale intervento mediatico atto a stabilire il suo diritto – biografico ed etnico – di pronunciarsi sulla questione Olocausto, il timoroso (nei confronti dei media) Spielberg sembrava ansioso di definire i termini per una lettura del suo film22. Nel complesso è stato un successo: il film, ancor prima di essere premiato con sette Oscar, ricevette un ampio appoggio principalmente dalla stampa. Pertanto, nonostante sia possibile imputare Lanzmann di ripicca professionale (ma a che proposito?), o ricondurre la questione alla differenza tra un’estetica modernista (europea) e una realista (hollywoodiana), i conseguenti scambi unidirezionali potrebbero indicare altre, equivalenti, differenze.
In un’intervista della BBC, per esempio, Lanzmann ha argomentato che Spielberg ha fatto un film «tipico degli ebrei americani, desiderosi di appropriarsi dell’Olocausto»23. Per quanto questa affermazione possa sembrare sorprendente, risulta ancora più interessante se si considerano le osservazioni di Reitz che risalgono a una quindicina d’anni prima, secondo le quali «con Holocaust gli americani ci hanno portato via la nostra storia». Entrambe le asserzioni
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